Nuove strutture sanitarie: costruirle significa avere nuovi benefici?

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di Beniamino Rosa

Si parla spesso della necessità di contenere i costi della spesa sanitaria, e al contempo di disporre di strutture di alta qualità.
Costruire nuove strutture sanitarie, accentrando le funzioni e disponendo di spazi ex novo, è la soluzione? La spesa per realizzare un nuovo ospedale o una nuova sede territoriale si traduce sempre in un effettivo beneficio per l’utenza?
Esaminiamo quindi il caso della nuova sede del Distretto di Favaro Veneto nell’Azienda ULSS 12 di Venezia e Mestre.
FavaroSede1 ospedale, Mestre 003

LA NUOVA SEDE – Al Distretto Sanitario di Favaro Veneto afferiscono la zona nord della terraferma del Comune di Venezia (parte di Mestre, inclusa la località di Favaro Veneto), più i comuni di Quarto d’Altino e Marcon. In totale il bacino d’utenza conta circa 90.000 persone. La nuova sede del Distretto, la cui costruzione è iniziata nel 2011, è diventata operativa il 21 luglio 2014. Si tratta di una struttura tecnologicamente all’avanguardia, costruita in linea con i principi di ecosostenibilità e costata circa 9 milioni di euro (come riportato sul sito web dell’Azienda ULSS 12). La nuova struttura ospita numerosi servizi alla persona, come il Centro Unico Prenotazioni, diverse pratiche di clinica ambulatoriale, un punto prelievi e un consultorio familiare, con l’obiettivo di ridurre il numero di utenti che si rivolgono al Pronto Soccorso del nuovo Ospedale di Mestre, fornendo loro prestazioni sanitarie di base in una struttura a sé stante, localizzata al centro del suddetto territorio. Nella nuova sede sono quindi state accentrate tutte le attività di cui sopra, che prima venivano svolte da altre piccole strutture distribuite nel distretto a macchia di leopardo. Recentemente la nuova sede è stata inoltre dotata di ulteriori apparecchiature, inclusa un’unità di Risonanza Magnetica e un’unità radiologica; e non da ultimo costituisce sede del Servizio di Continuità Assistenziale (guardia medica).

IL SOTTOUTILIZZO – Una polemica sulla costruzione della nuova sede era stata sollevata da alcuni cittadini del comune di Marcon, geograficamente distante da essa, i quali erano timorosi di vedersi privati delle piccole strutture precedenti e più vicine. Che i loro timori non fossero del tutto ingiustificati è tra le considerazioni che risaltano osservando la situazione attuale: la nuova struttura appare a oggi largamente sottoutilizzata. I problemi non riguardano tanto l’adeguatezza tecnologica del complesso, quanto la forte carenza di personale.
A tutt’oggi, infatti, la nuova unità radiologica e la nuova unità di Risonanza Magnetica, la spesa per le quali si aggira in diversi milioni di euro, non sono ancora entrate in funzione: e questo perché l’organico dell’ULSS 12, sulla base delle attuali risorse economiche, non prevede la presenza costante di un medico specialista, come ad esempio un radiologo, né di adeguato personale tecnico per mantenerle in esercizio. L’utenza, per sottoporsi ai normali esami radiologici in regime di prestazione sanitaria pubblica, è quindi costretta a prenotarli sempre e comunque presso l’Ospedale di Mestre, con conseguente allungamento delle liste d’attesa; e, visti i recenti tagli operati dalla Regione Veneto ai finanziamenti per le prestazioni sanitarie in regime di convenzione pubblico/privato presso strutture terze, ciò appare particolarmente problematico. L’apertura della nuova sede non ha quindi prodotto lo sperato avanzamento verso la delocalizzazione delle prestazioni sanitarie non d’urgenza, proprio perché gli unici finanziamenti previsti si sono concentrati solo sul singolo acquisto dei macchinari e non sulla costanza della loro operatività.

LA GUARDIA MEDICA – Ma la criticità senza dubbio maggiore riguarda il Servizio di Continuità Assistenziale. La guardia medica, per l’intero territorio della terraferma veneziana, prima del 2009 dotata era dotata di una struttura indipendente situata in località Zelarino, ed era autonoma nella gestione dei fabbisogni dell’intero territorio, con tre medici impiegati durante la notte e nei giorni festivi a fronte di un’utenza di circa 200.000 persone. Da novembre 2009, però, la guardia medica era stata inglobata all’interno del nuovo Ospedale di Mestre, con il compito di servire non solo l’utenza esterna di 200.000 persone, ma anche l’intero complesso di tutti i reparti dell’ospedale nei medesimi orari; e ciò si era già quindi tradotto in un evidente aumento del carico di lavoro del medico di Continuità Assistenziale, con inevitabili ricadute sul rendimento in un compito così delicato, e aumento della possibilità di errore da parte del medico stesso.
Oggi, con l’apertura della nuova sede distrettuale di Favaro Veneto, uno dei tre medici del vecchio servizio di Continuità Assistenziale è stato assegnato stabilmente proprio al Distretto, cioè alla nuova sede. Essendo però il bacino d’utenza del Distretto in questione costituito da 90.000 persone, questo significa quindi che tutti i 90.000 abitanti del Distretto potranno fare riferimento a un solo medico, e che l’unico medico in questione dovrà farsi carico di un bacino d’utenza così vasto totalmente da solo. Mentre la compresenza di tre medici nel servizio di Continuità Assistenziale garantiva loro la possibilità di suddividersi equamente il lavoro, occupandosi anche dei casi meno gravi, l’unico medico di Continuità Assistenziale della nuova sede di Favaro ha oggi ridottissimi margini di intervento, dovendo spettargli un numero così elevato di assistiti, e può effettuare visite a domicilio unicamente in casi estremi, quali molto spesso le sole constatazioni di decesso. Per la stragrande maggioranza delle richieste, quindi, egli non può fare altro che indirizzare gli utenti verso una chiamata d’emergenza al 118 o, nuovamente, a un accesso nel Pronto Soccorso dell’Ospedale di Mestre. Senza contare che anche il restante servizio di guardia medica, comprendente quindi il territorio esterno a Favaro Veneto e l’Ospedale stesso, è stato fortemente penalizzato, potendo contare non più sui tre vecchi medici ma solo sui due rimasti.

SI È DAVVERO TRATTATO DI UN BENEFICIO? – Di fronte a queste constatazioni sorge quindi spontanea la domanda: con l’apertura della nuova sede di Favaro Veneto qual è stato l’effettivo beneficio finale per l’utenza? La nuova struttura, pur tecnologicamente valida, ha comportato dei costi di realizzazione molto alti, che hanno sicuramente inciso sulla disponibilità economica per garantirle il personale medico e tecnico necessario. Questa carenza di organico va quindi ad incidere indiscutibilmente sul servizio erogato, che molto spesso risulta di netta qualità inferiore, come nel caso della Continuità Assistenziale, o può essere fornito solo dall’Ospedale di Mestre, vanificando quindi lo scopo principale per cui la struttura era stata pensata, ovvero l’erogazione in altra sede delle prestazioni mediche non d’urgenza. Si ripropone quindi una questione che era a suo modo già emersa pochi anni fa con la dismissione del vecchio ospedale di Mestre e l’imponente costruzione dell’attuale nuovo Ospedale: è del tutto sicuro che gli investimenti nella spesa sanitaria debbano essere indirizzati esclusivamente sulla costruzione di nuove strutture, quando poi ciò sottrae risorse all’effettivo e costante svolgimento del servizio? Non si intende negare che le strutture mediche necessitino di un costante ammodernamento; ma forse sarebbe più sensato sfruttare appieno ciò che c’è già, e impiegare le risorse in un’oculata gestione dell’esistente, potendo quindi renderle disponibili per una gamma di prestazioni che a conti fatti si rivelerebbe molto più ampia per il paziente finale. Il caso della nuova sede del Distretto di Favaro Veneto potrebbe quindi essere un caso interessante in tal senso, e andrebbe tenuto ben presente, soprattutto nel momento in cui la volontà di dismettere le vecchie strutture e costruire nuovi imponenti ospedali non è affatto ferma: per esempio come, nella stessa regione Veneto, a Padova.

Milano, 19 dicembre 2014

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