“Così moriamo tutti ” : queste sono le parole a caldo di chi ha trovato, nel pomeriggio del primo maggio, la propria auto devastata dalla furia dei black bloc, durante gli scontri della annuale manifestazione mayday che ha avuto luogo a Milano il primo maggio. Il movimento noexpo, partito col tradizionale corteo da Piazza XXIV maggio, fino a quel momento sfilava tranquillamente per le vie del centro di Milano. Però la coda del corteo, che non aveva le stesse intenzioni pacifiche del resto dei manifestanti, ben presto lungo Corso Magenta, ha iniziato con atti di devastazione: vetrine di negozi sfondate, banche incendiate, auto prima deturpate e poi accese dalle molotov. I proprietari della auto parcheggiate in via Cardosso, via del centro di Milano, non hanno potuto fare altro che osservare passivamente la scena chiusi nelle proprie case, nella speranza che quell’inferno finisse al più presto.
Un disastro annunciato – C’è chi con sacchi della spazzatura cerca di riparare i vetri rotti dei veicoli, chi non sa cosa fare e chi si arrabbia: “Paghiamo tutte le tasse, fino all’ultimo centesimo, qual è il significato di questa furia?”. Altri imputano agli stranieri: “Li conoscono tutti, sono un gruppo di duecento persone, perché non li hanno fermati alla frontiera?”. Le avvisaglie infatti erano state molte prima della manifestazione nei giorni scorsi, ma l’ordine perentorio delle Autorità per le Forze dell’Ordine era di contenere gli attacchi dei Noexpo violenti senza caricare. I violenti hanno avuto così strada libera di distruggere tutto quanto poteva capitare a tiro.
Il bilancio – Cinque arresti e 33 denunciati a piede libero è il bilancio finale: chi ne ha fatto le spese sono però gli abitanti e gli stessi manifestanti pacifici del movimento Noexpo, le cui intenzioni di protesta sono state annullate dall’impatto mediatico degli scontri. I black bloc, dal canto loro, sono invece riusciti perfettamente nel loro intento, grazie anche ad una perfetta macchina organizzativa: distruggere e poi far perdere le tracce, con una precisione chirurgica.
Nella battaglia dei social network che ancora oggi vede l’opinione pubblica frammentata, c’è da chiedersi chi veramente ha vinto e chi ha perso.

