La serialità televisiva statunitense rappresenta ormai una delle forme d’intrattenimento più rilevanti del panorama internazionale, valorizzata da una qualità di contenuti sempre più equiparabili a quelli cinematografici. Un successo legato ad un modello di narrazione unico, consolidato ed efficace che ormai costituisce un traguardo apparentemente irraggiungibile per la maggior parte della concorrenza straniera, in particolar modo per quella italiana.
Le serie tv che tanto amiamo costituiscono una forma d’intrattenimento unica, speciale e differente da qualsiasi altra. Grazie ai fattori ricorrenti proposti, esse ci attraggono, ci conquistano e ci rendono consapevoli ancora prima di guardare un nuovo episodio che ritroveremo ancora una volta gli elementi caratteristici tanto apprezzati in quelli precedenti. La serialità televisiva ha infatti il fine di fidelizzare il pubblico e farlo affezionare ai personaggi, permettendo così ai network di guadagnare grazie alla vendita degli spazi pubblicitari.
Breve storia della serialità televisiva statunitense
La serialità televisiva, diretta discendente della letteratura, del fumetto e della radio, nasce a New York negli anni Quaranta, grazie alla sperimentazione della messa in scena di racconti radiofonici. A favorire l’affermarsi della sua struttura ha contribuito l’iniziale avvicinamento al genere di alcuni degli attori Hollywoodiani più celebri, quali Marlon Brando, Paul Newman e Gloria Swanson. L’intervento di autori intenzionati a scrivere racconti originali appositamente pensati per il nuovo mezzo di espressione portò, negli anni Cinquanta, il trasferimento delle produzioni ad Hollywood, favorendo l’acquisizione dei criteri cinematografici per la messa in scena. A produrre le rudimentali serie tv dell’epoca erano network originariamente radiofonici (come ad esempio la ABC, la NBC e la CBS, oggi ancora attivi), emersi grazie ad una legge antitrust che impediva l’accesso alle proprietà di reti televisive da parte degli studios cinematografici. L’affermarsi graduale della serialità televisiva portò, nel corso del tempo, ad una diversificazione sempre più netta dei generi, permettendo lo sviluppo del family drama, del police drama, del legal drama e del medical drama (a cui sono seguiti i recenti action drama, crime drama e thriller drama). Ma la struttura delle prime serie tv presentava solo una trama verticale, un arco narrativo che iniziava e si concludeva nel corso dei singoli episodi, senza elementi di continuità con quelli successivi. Da Dragnet (il primissimo drama datato 1951), a Perry Mason (1957), da Doctor Who (1963) a Star Trek (1966), da Starsky & Hutch (1975) a Magnum P.I. (1980), da Miami Vice (1984) a Twin Peaks (1990) e da Law & Order (1990) a E.R. (1994), l’affermazione di generi, figure ricorrenti e nuove formule narrative diede vita a canoni tuttora alla base della serialità televisiva moderna.
- Dragnet (1951)
- Parry Mason (1957)
- Doctor Who (1963)
- Star Trek (1966)
- Starsky & Hutch (1975)
- Magnum P.I. (1980)
- Miami Vice (1984)
- Twin Peaks (1990)
- Law & Order (1990)
- E.R. (1994)
L’introduzione della trama orizzontale, cioè l’arco narrativo che inizia e si conclude nel corso dell’intera serie e che si sviluppava via via tra un episodio e l’altro, portò alla consolidazione formale delle serie tv attuali che tanto amiamo. Grazie inoltre al supporto della spettacolarizzazione legata ai nuovi mezzi tecnologici e all’incremento esponenziale dei budget, la serialità televisiva statunitense si è trasformata in un fenomeno di livello mondiale, assicurandosi milioni di spettatori grazie a titoli come Lost (2004), Dexter (2006), Breaking Bad (2008), The Walking Dead (2010), Game of Thrones (2011), House of Cards (2013) e molti altri.
- Lost (2004)
- Dexter (2006)
- Breaking Bad (2008)
- The Walking Dead (2010)
- Game of Thrones (2011)
- House of Cards (2013)
Il problema della serialità televisiva italiana
La prima serie tv trasmessa in Italia fu Le avventure di Rin Tin Tin (1954), importata direttamente dall’America e trasmessa per la prima volta su suolo nazionale nell’aprile del 1956 dall’attuale RAI 1, unica televisione italiana esistente all’epoca. Solo nel 1976 iniziò la diffusione massiccia, quando la Corte Costituzionale interruppe il monopolio della RAI e le emergenti televisioni private iniziarono ad importare un gran numero di serie tv dagli Stati Uniti, il cui mercato era ampiamente in sviluppo e offriva una vasta scelta a prezzi ragionevoli. Ma il problema sorge dal momento in cui si deve fare i conti con il fatto che, dagli albori fino ad oggi, la serialità televisiva italiana sembra non aver fatto quasi alcun tipo di progresso. Casalinghe bonarie, poliziotti idealisti e stereotipi vari dominano ancora gli schermi, intrappolati in stili narrativi qualitativamente attempati e grossolani. A differenza degli altri Paesi, dove chi ha un’idea può sperare di venderla ad un produttore per poi poterla infine realizzare, qui tutto dipende solo ed esclusivamente dalle richieste dei network nazionali. Non esiste un mercato delle idee e sbilanciarsi risulta impossibile a causa della censura. Le emittenti televisive preferiscono infatti puntare sul sicuro, sugli anziani e sui bambini che impongono un tipo di prodotto ormai standardizzato. L’interesse nell’ampliare il pubblico non esiste affatto, l’unica priorità rimane quella di mantenere quello già presente. Fatta quindi eccezione per una manciata di titoli (tra cui il dissacrante Boris del 2007), le serie tv italiane risultano tuttora antiquate e poco interessanti, confermando la superiorità della serialità televisiva statunitense sopra ad ogni altra e trasformandola sempre di più in un traguardo apparentemente irraggiungibile.















