Artademia, la prima non-scuola a Milano

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“Artademia”, la prima non-scuola in Italia

Artademia nasce nel novembre del 2015 da un’idea della pedagogista milanese Silvia Pagani. Il suo obiettivo è dar vita a una scuola alternativa adatta anche a quei ragazzi che nel sistema scolastico tradizionale non riescono ad integrarsi.

Il metodo didattico

Nella non-scuola non ci sono insegnanti che spiegano e alunni che ascoltano, ma laboratori pratici che si svolgono al di fuori delle aule tradizionali. Le lezioni sono interattive e si sviluppano grazie ad una stretta collaborazione fra docenti e alunni. Molta importanza viene attribuita all’attività fisica in quanto, secondo gli educatori, il movimento e le attività all’aria aperta stimolano l’apprendimento: per questo si è creata una stretta collaborazione con “Mente&Sport”. L’orario scolastico va dalle 9 alle 13.30 e non sono previsti compiti a casa, per lasciare il pomeriggio a disposizione dei ragazzi e dare loro l’opportunità di imparare a gestirsi in autonomia.

 

Un’educazione differente

Artademia nasce dall’esigenza di un’educazione differente da quella tradizionale. Secondo l’esperienza trentennale di Silvia Pagani, che si occupa di qualità della vita dei giovani, la scuola non risponde più alle loro esigenze. “Non si è adattata all’evoluzione delle nuove generazioni e al tempo stesso ha permesso la perdita di valori inestimabili della nostra cultura – spiega Pagani -. Quello che Artademia si prefigge è di stimolare la passione, la curiosità e la conoscenza con metodi alternativi, non con lezioni frontali e ingessate ma con laboratori trasversali e coinvolgenti”.

 

Ragazzi “difficili” e DSA

Artademia è aperta sia a studenti che nella scuola tradizionale non si sentono stimolati sia a quei ragazzi che vengono classificati come DSA (disturbi specifici di apprendimento) e quindi non trovano spazio nelle strutture convenzionali. Attualmente gli studenti sono una decina, di età compresa tra i 13 e i 29 anni suddivisi in piccoli gruppi. I ragazzi che frequentano la definiscono “un ambiente familiare, senza competitività né ansia da prestazione; un luogo di socialità e collaborazione”.

 

Nessun diploma

. “Al termine del percorso di studi – afferma Pagani -, i giovani possono provare a sostenere da privatisti esame di maturità o accedere a una delle 900 università del mondo in cui il diploma di maturità non è richiesto.

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