The Game Awards: a LA gli oscar dei videogiochi

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I The Game Awards si sono tenuti giovedì 1 dicembre al Microsoft Theatre di Los Angeles. Premiato come Game Of The Year Overwatch di Blizzard, che si porta a casa anche il titolo di Best Game Direction e Best Multiplayer.  Vittorie di peso e grandi nomi, hanno ancora poco spazio gli indipendenti. Il gioco autobiografico That dragon, cancer si porta a casa il premio Games for Change. Assenti gli sviluppatori dell’area del Mediterraneo, Italia compresa.  C’è spazio di crescita per la non fiction? Ne abbiamo parlato con Matteo Pozzi, cofondatore di We Are Müesli.

The Game Awards 2016

Nonostante i tentativi di attirare l’attenzione con l’anteprima del gameplay di Mass Effect: Andromeda e il premio alla carriera a Hideo Kojima (accompagnato da un nuovo teaser per Death Stranding), questa edizione dei Game Awards stenta a decollare. Si sente la stanchezza di un settore che vive da troppi anni sulla serializzazione di poche proprietà intellettuali di successo.

Game Awards 2016: premiati i grandi ritorni

Dopo dodici anni di rumors e dubbi, torna a gamba tesa DOOM. Il papà degli sparatutto si aggiudica Best Music/Sound Design e Best Action Game. The Witcher 3 vince per la seconda volta di fila come Best RPG grazie all’espansione Blood and Wine. Firaxis Games (in gara anche con XCOM2) si assicura il Best Strategy Game con il classico Civilization VI. Uncharted 4, atteso sbarco dell’Indiana Jones dei videogiochi nella nuova generazione, menzionato per Best Narrative. Si gioca sul sicuro anche con Street Fighter V e Forza Horizon 3.

Potere ai piccoli?

Poche novità anche tra i nomi più piccoli. Bene la danese Playdead, che torna alla carica con Inside e vince Best Art Direction e Best Independent Game. Miete vittime, ma dopo Limbo era una vittoria facile. Rez Infinite, miglior gioco VR, è un porting di un gioco del 2001. Niantic vince al suo secondo gioco di successo, ma è comunque Pokémon GO. Con un brand del genere alle spalle, non c’è modo di sbagliare.

That dragon cancer, premio The Game Awards Games for Change

Il lodato Firewatch non passa la selezione, ma la vittoria di That dragon, cancer tra i Games for Change è un segnale positivo di apertura a nuovi mondi oltre alla fiction d’intrattenimento.

USA, EU, JAP

La distribuzione geografica dei concorrenti a questi Game Awards è sintomatica dello stato dell’industria. Gli sviluppatori statunitensi guidano la classifica (25 titoli in gara), seguiti a lunga distanza da quelli europei (13). Il Giappone segue con 8 sviluppatori, il numero ridotto non stupisce per le diversità e la diffidenza tra i mercati occidentale e orientale. Ultimo è il Canada, con cinque team, e di peso (si pensi a Eidos, Ubisoft, EA, The Coalition).

Made in Italy

Si nota che della dozzina di sviluppatori europei, nessuno viene dalla zona mediterranea. Perché?

“Penso che uno dei fattori sia quello della comunità, il rapporto tra studi grandi e piccoli. In Paesi come l’Olanda c’è una coesione tra team già stabiliti e gli emergenti.”

Secondo l’ultimo censimento di AESVI, l’Associazione Editori e Sviluppatori di Videogiochi Italiani, metà degli studi italiani ha al suo interno dai due ai cinque sviluppatori, un quinto sono “one-man-companies”. La verità è che non ci sono i capitali, questi non ce li si può inventare, per creare software houses da centinaia di dipendenti. “Forse mancano all’Italia gli studi di medie dimensioni, in grado di realizzare prodotti di alto livello, senza trasformare il tutto in prodotti semplicemente di massa o, peggio ancora, da catena di montaggio.” Per un team come Ovosonico che riesce a farsi pubblicare da Sony, centinaia devono arrangiarsi come possono.

Quasi metà degli sviluppatori non riesce a superare i 10.000 euro di fatturato, a fronte di un mercato che, solo negli Stati Uniti, produce un giro d’affari da 95 miliardi. D’altronde le aziende nostrane che riescono a superare il miliardo di introiti è il 5%. Per sopravvivere la maggior parte degli sviluppatori devono appoggiarsi anche al mondo business, con titoli usati per marketing o formazione.

È netto il divario nella distribuzione territoriale delle aziende, con il Nord che ospita circa due terzi degli sviluppatori, seguito dal Centro Italia (22%) e Sud e isole (16%). Le provincie di Milano e Roma si spartiscono da sole un terzo degli studi (rispettivamente 22% e 12%), a cui si aggiungono Torino, Bologna, Verona e Genova tutte attorno al 5%.

Il governo risponde

Con l’approvazione definitiva, a inizio novembre, della legge di riforma del cinema e dell’audiovisivo sono stati fatti passi avanti anche per il settore videoludico. Finalmente il videogioco ha diritto ad accedere al finanziamento tramite tax credit e al bacino di risorse del fondo da 400 milioni di euro. “Al di là della misura in sé e per sé,” dice Pozzi, “il dialogo con le istituzioni è un passo avanti, per una più serena e matura accettazione del mezzo videogioco. Dimostrano di aver capito le potenzialità del videogame in ambito culturale, per non dire artistico.”

 

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