Un elisir per la pace della regione: così il premier turco Recep Tayyip Erdogan aveva definito nel maggio scorso il progetto dell’autostrada Belgrado-Sarajevo finanziato da investitori turchi. E ora, a distanza di qualche mese, a Belgrado, è stato posto il primo tassello per la realizzazione dell’opera: il 19 dicembre 2018 il Ministro delle Infrastrutture serbo Zorana Mihajlovic ha firmato alla presenza dell’omologo ministro turco Mehmet Cahit Turhan un accordo commerciale per la costruzione della prima sezione dell’autostrada Belgrado-Sarajevo, che verrà realizzata dalla società turca Tashjapi. Il tratto autostradale si snoderà tra le due città di Sremska Raca e Kuzmin, entrambe in territorio serbo.
Il contratto prevede anche la realizzazione di un ponte sul fiume Sava e la progettazione di un altro tratto dell’autostrada tra le due città serbe di Pozega e Kotroman, per un valore totale di 250 milioni di euro. Al di là delle parole di Erdogan sulla distensione dei difficili rapporti tra Bosnia e Serbia, l’accordo e, più in generale, l’intero progetto vogliono soprattutto far fronte all’arretratezza delle vie comunicazione tra i due paesi: tra Belgrado e Sarajevo, infatti, i collegamenti ferroviari sono ormai in disuso dal 2012 e i 300 km che separano le due città possono essere percorsi in auto soltanto a fronte di un interminabile viaggio di quasi 6 ore.
L’autostrada Belgrado-Sarajevo…. e non solo
Ma l’autostrada Belgrado-Sarajevo non è l’unico fronte su cui la Turchia sta investendo nei Balcani, in sinergia con la Serbia: lo scorso settembre, infatti, governo serbo e Tashjapi hanno firmato un altro accordo per la realizzazione di diversi progetti, fra cui la ristrutturazione di alcune strade in Serbia e soprattutto l’autostrada della pace che collegherà la città serba di Nis e la capitale del Kosovo Pristina. L’ingerenza turca nei Balcani è sempre più in ascesa, tantochè molti analisti l’hanno prontamente ribattezzata Neottomanismo. Ovviamente la partnership che la Turchia ha stretto con la Serbia (ma anche con altri paesi come l’Albania o la Macedonia) è tutt’altro che casuale e va inserita in un disegno più ampio che si muove principalmente lungo due direttrici; da una parte gli investimenti nelle infrastrutture sono tesi a migliorare la velocità dei collegamenti e di riflesso degli scambi commerciali nei Balcani: del resto questa regione costituisce la porta di accesso all’Europa Occidentale e dunque la sua posizione geografica privilegiata giustifica le mire economiche della Turchia, sempre più in espansione. D’altra parte il fatto che la Turchia sia in prima linea nella realizzazione di opere dal forte contenuto simbolico (come appunto l’autostrada Belgrado-Sarajevo) testimonia la volontà di Erdogan di mostrarsi agli occhi dell’UE come ambasciatore di pace in un’area, i cui equilibri sono tradizionalmente molto precari, e nello stesso tempo di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle accuse di violazioni dei diritti umani di cui è continuamente accusato il suo governo.
La sorte della Bosnia
Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina è opportuno fare un discorso a parte. In una terra dalla storia tormentata e dalla natura aspra e difficile da dominare, anche la più semplice infrastruttura può assumere un valore inestimabile; per comprenderlo, è sufficiente leggere un breve racconto del celebre scrittore bosniaco Ivo Andric dal titolo “Il ponte sulla Zepa”, in cui il gran visir ottomano Jusuf decide di costruire nel suo villaggio natale, in Bosnia, un ponte che possa finalmente domare il fiume Zepa. Dopo lunghi mesi il ponte viene finalmente completato e, come scrive Andric, “tutto si sarebbe potuto immaginare, ma non una costruzione così bella in un posto così remoto ed isolato”. Ecco dunque le sensazioni che può comunicare una simile opera in Bosnia: la commozione, lo stupore per la natura domata faticosamente dall’uomo, frammisti ad una punta di amarezza per il fatto che quella stessa natura inospitale farà comunque da cornice all’opera. E ora la storia sembra volersi ripetere: ancora una volta una città in difficoltà (Sarajevo), un’infrastruttura da realizzare e soprattutto la longa manus della Turchia.
Tra promesse e realtà
Ma quale parte della Bosnia sarà principalmente attraversata dall’autostrada? Subito dopo la firma, il ministro serbo Zorana Mihajilovic ha dichiarato che da questo accordo scaturiranno a breve altri tre accordi commerciali con la Turchia e uno di questi prevede la progettazione di un tratto dell’autostrada Belgrado-Sarajevo nella Repubblica Srpska, l’entità della Bosnia a maggioranza serba. Se così fosse, la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, a maggioranza musulmana, rischierebbe di rimanere a mani vuote, nonostante l’ex leader dei bosniaci musulmani Bakir Izetbegovic avesse dichiarato nei mesi precedenti la volontà della Turchia di finanziare sia il progetto in Repubblica Srpska che quello nella Bosnia musulmana, formando una sorta di superstrada circolare con alcuni tratti autostradali. Tuttavia questa variante finora non ha trovato conferme da parte turca ed è considerata da molti analisti come difficilmente realizzabile, dati i costi spropositati di cui difficilmente la Turchia si farebbe carico.

Il percorso dell’autostrada Belgrado-Sarajevo. Raggiungerà la Serbia attraversando la Repubblica Srpska via Visegrad.
La questione dell’autostrada mostra nuovamente come la Bosnia sia un paese che corre a due velocità differenti: da una parte la Repubblica Srpska sempre più vicina alla Repubblica di Serbia (anche e soprattutto in seguito all’elezione come presidente di Miroslav Dodik il quale non riconosce la Bosnia come stato sovrano) e dall’altra la Bosnia a maggioranza musulmana che vive nel mito della Turchia senza ricevere però un sostegno economico di rilievo (La Turchia nel 2016, ad esempio, è stata soltanto l’ottavo paese per volume commerciale con la Bosnia), rimanendo così in un immobilismo stagnante. Quello che è certo è che in Bosnia, fra dubbi e lotte intestine, i destini dei potenti e del popolo si intrecciano necessariamente con quello di una grande opera infrastutturale.
Riccardo Sgarbi