Nelle ultime settimane Dario Franceschini, Ministro della Cultura, ha presentato un emendamento per parificare l’IVA sugli ebook – attualmente al 22% – con quella in vigore sui libri cartacei, pari al 4%. Questa operazione, il cui intento è sicuramente meritevole, rischia tuttavia di incentivare ulteriormente l’espansione di Amazon, attualmente il sito di vendite online più utilizzato al mondo, a sfavore delle piccole librerie. Siamo andati quindi ad intervistare al riguardo Samuele Bernardini, presidente della LIM, l’Associazione delle Librerie Indipendenti di Milano fondata nel 2013, che ad oggi annovera sotto il suo patrocinio 26 librerie, chiedendogli come Amazon abbia modificato il mercato libresco.
Amazon, come molti siti di vendita online di libri e come molti store quali Mondadori e Feltrinelli, finisce per stroncare l’esistenza delle piccole librerie indipendenti, già fiaccate dalla crisi economica. Le accuse mosse dalla LIM al colosso di Seattle riguardano la politica aggressiva che porta il sito ad esercitare a tutti gli effetti una concorrenza sleale, applicando ai volumi due tipi di sconti, quello sul prezzo di copertina, che in Italia può raggiungere il 15% (mentre in Francia il tetto massimo è fissato al 5%), e quello, occulto, che elimina i costi di spedizione su spese che superino una certa cifra. È evidente che solo chi effettua vendite stratosferiche può permettersi di ribassare i costi a questi livelli senza fallire. Per non parlare del fatto che la sede legale di Amazon è situata in Lussemburgo, dove le tasse comminate alla società sono notevolmente inferiori che in qualunque altro stato. Inoltre, nel Regno Unito, è stata di recente aperta un’inchiesta riguardante il mancato pagamento delle tasse sugli incassi che Amazon consegue nel paese (e, va detto, in tutti gli altri stati): gli avvocati e l’amministratore delegato ribattono che Amazon paga – ed è tenuto a pagare – solo i servizi ottenuti dal paese ospitante: ossia il costo (irrisorio) dei magazzini affittati e dei dipendenti assunti per la loro gestione. Questa abilità strategica, giocata sul filo della legalità, consente ad Amazon una competitività con cui nemmeno giganti come Mondadori o Feltrinelli possono competere: in un gioco così spietato, per le librerie indipendenti si prospetta un futuro perentoriamente occiduo. Eppure le ragioni per tutelare questi moribondi microcosmi non mancherebbero: essi offrono una pluralità culturale che Amazon e i grandi gruppi editoriali stanno soffocando; queste catene si basano principalmente sulla vendita di bestseller, in un circolo vizioso in cui si cerca di continuare a vendere il più venduto, dimenticando l’importanza della diversità e rendendo asfittica la circolazione di idee. I gusti si livellano e le idee si fanno stantie, annacquate e docili: trionfa il populismo massificato e la capacità critica delle persone viene inibita, stordita, distolta, distratta, a favore di volumi tutti basati su una trama tanto avvincente quanto priva di contenuto. Le librerie indipendenti invece contengono libri dalle nature più disparate, caratterizzati da una vivacità intellettuale che via via si va perdendo; sono quindi l’ultimo vessillo alzato in difesa della pluralità cultural-ideologica, ma il vento che lo agita sembra soffiare tanto forte da strapparlo via dalla sua asta. I librai che detengono il possesso di queste isole felici sono molto più che semplici commessi: essi sono preparati, conoscono ciò che vendono e sanno indirizzare con mano cauta il cliente, anteponendo all’interesse economico il rapporto con il cliente.