Gratuite, spontanee e nutrienti. Sono le “erbacce commestibili” il piatto tipico della Vovolina, un guerrilla restaurant perso fra le colline marchigiane, che fa della cucina alimurgica la protagonista indiscussa del proprio menù.
I clienti adorano, la natura premia, la salute ringrazia. Ma quali sono i segreti del successo? Ce li spiega lo chef “clandestino” Alessandro Alessandrini.
Il fenomeno dei guerrilla restaurant, conosciuti anche come hidden eateries, home restaurants o supper clubs, ha preso forma nel 2003 a San Francisco, e da lì si è velocemente diffuso negli Stati Uniti fino a raggiungere l’Europa ottenendo grande successo e seguito soprattutto in Francia.
LA VOVOLINA
Apprezzatissimo dalla clientela più eterogenea tra fedeli del biologico, forchette esperte e temerari sperimentatori del gusto, Alessandro Alessandrini, chef proprietario della Vovolina, apre nell’Aprile del 2016 un home restaurant con l’obiettivo di rendere l’arcaica fitoalimurgia una cucina moderna estremamente pop in grado di conferire al palato sensazioni rustiche dimenticate. La selezione alimentare operata dall’uomo ha omologato le caratteristiche organolettiche dei cibi, determinando un vero e proprio addomesticamento dei gusti. Che gli italiani – di cibo adulatori per antonomasia – nutrano oggi il desiderio di rientrare in contatto con l’autenticità della natura per poter conoscere, apprezzare e tornare a tramandare antiche tradizioni culinarie?
LA FILOSOFIA DEI GUERRILLA
C’è chi reputa sia figlia della crisi economica, chi invece la definisce una forma di socialismo gastronomico e un’attività ecocompatibile, quella dell’home restaurant, è una realtà che delizia i palati di moltissimi, di chi vuol guadagnare divertendosi e di chi vuol risparmiare mangiando bene e in compagnia. Al passo con le mode, in linea con i concetti di sostenibilità e soprattutto molto social, nasce da una costola della sharing economy, che – nota ai più per i servizi di Uber e AirBnb – fa dell’integrazione e del risparmio le cause elette da perorare.
Come i “restaurant” a norma di legge, anche i “guerrilla” si differenziano l’uno dall’altro per prezzi, ricercatezza del menù ed esperienza degli chef, ma soprattutto possono variare – e non di poco – per presupposti ed intenzioni. Due coniugi che trasformano casa propria in un ristorante solo per arrotondare, uno scapolo che coltiva l’hobby della nouvelle cuisine e crea i presupposti per conoscere nuova gente offrendo cibo in cambio del costo degli ingredienti, cuochi disoccupati che organizzano piccole scuole di cucina semi-clandestine o giovani professionisti della ristorazione che, scoraggiati dalla burocrazia e dalle troppe responsabilità, scelgono di investire in uno spazioso loft in cui vivere e cucinare per pochi (ma buoni) clienti piuttosto che aprire un ristorante.
LEGISLAZIONE E NORME
“Nodi burocratici? Non ce ne sono!”
Facciamo chiarezza, chi vi dice una cosa del genere è disinformato o è un ciarlatano. Dopo anni di vuoto legislativo infatti il Ministero dello Sviluppo Economico ha ora definito quella dei guerrilla restaurant “attività economica in senso proprio” con la risoluzione n.50481 poiché, anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati, vengono comunque somministrati alimenti e bevande in locali attrezzati (privati) aperti alla clientela. Inoltre, la fornitura di dette prestazioni prevede il pagamento di un corrispettivo portando di conseguenza quella degli home restaurant a palesarsi come attività economica in senso proprio.
Alcuni dei punti portati avanti con una Proposta di legge nei primi giorni di Novembre 2016 dalla Commissione per le Attività produttive, Commercio e Turismo della Camera potrebbero rendere decisamente meno facile aprire un guerrilla restaurant nel prossimo futuro.
Sono numerosi i vincoli e le restrizioni (da molti ritenuti contrari ai principi di libera e leale concorrenza) come l’obbligo a pagamenti esclusivamente elettronici tramite la registrazione in una piattaforma digitale di terzi cui è demandata l’acquisizione dei pagamenti, limiti nelle giornate di attività previste e negli introiti permessi. Per quanto riguarda invece le norme igieniche, non sono richieste modifiche alla cucina né agli adempimenti alla normativa sull’HACCP mentre è obbligatorio rispettare le disposizioni del codice penale in tema di frodi alimentari (articoli 440, 442, 444).
FUORILEGGE FORSE, MA INVISIBILI NO
La dicitura “clandestino” può essere forse un po’ fuorviante, ci fa immaginare una realtà che si muove furtiva nell’ombra, fra inviti sussurrati e indirizzi spacciati sottobanco. Niente di tutto ciò corrisponde a verità, o meglio, nella gran parte dei casi non è così. Il passaparola avviene liberamente alla luce del sole, dal vivo, per via telefonica, o sempre più spesso attraverso i social network. Esistono poi delle piattaforme volte a promuovere cene, eventi e guerrilla ristoranti locali. Le più note sono: Gnammo, New Gusto, Ceneromane, Le Cesarine, e naturalmente il più gettonato fra gli studenti fuori sede, Peoplecooks, dove il pasto non supera i sei euro.