Sulla didattica

Per colmare il gap tra i nuovi stili di apprendimento dei giovani e le strategie di insegnamento, ancora molto tradizionali, improntati al trasferimento di conoscenza, occorre una trasformazione radicale che implica la riprogettazione dell’intera sistema scuola.

Paolo Ferri

La Scuola 2.0 , Verso una didattica aumentata dalle tecnologie Ed. Settembre 2013. (Quarta di copertina)

 Durante l’open day tenutosi presso il Dipartimento di Lingue, due studenti del Liceo Francesco Ganni di Milano hanno intervistato il prof. Michel Dingenouts, docente di letteratura (e altro) olandese (loro dicono nederlandese, ma è la stessa cosa.) Il professore ha illustrato ai futuri studenti un esempio di lavoro di gruppo pubblicato in rete, sotto forma di blog. Il che ha ci incuriosito…

 Ci dica, perché ha voluto fare un blog e non ha fatto studiare antologie e testi?

Capisco la domanda, sorge spontaneo quando si parla di un corso di letteratura universitaria in cui tradizionalmente si studia quello che scienziati hanno scritto su un autore, sui suoi testi e sulla sua vita. E poi alla fine lo studente è tenuto a studiare i concetti a memoria e riprodurre il tutto all’esame. Voi l’avete mai fatto?

 Certo, ma non importa cosa abbiamo fatto noi. La preghiamo di rispondere alla domanda. Come si fa a sostituire un esame universitario con un’elaborazione, per lo più testi adatti ad un blog e quindi non accademici?

Dopo anni di corsi tradizionali, dopo generazioni di studenti, che con le guance rosse all’esame mi citavano date di nascita, titoli e correnti letterarie senza sentirsi minimamente coinvolti da ciò che avevano studiato, ho deciso di porre fine alla loro sofferenza.

 Lei è buono…

Non parlate troppo presto, non sapete cosa ho fatto fare loro. Ho deciso di fargli comporre testi, lasciargli una scelta su cosa leggere e raccontare, paragonare film e libri, cercare collegamenti, valutare recensioni e traduzioni e scrivere quello che loro, e non gli accademici, riscontrano nei testi degli autori. In seguito, la scelta della forma del blog è nata spontaneamente, dopo qualche tentativo su Google plus che pur essendo riuscito ai fini didattici e con un risultato positivo, non soddisfaceva le nostre esigenze. L’anno scorso abbiamo fatto per la prima volta un bel blog su un poeta, Remco Campert. E quest’anno su questo scrittore olandese persiano, Kader Abdolah.

 Quindi non è la prima volta che lavora così. Ma ci dica, secondo lei, quali obiettivi ha un corso di letteratura?

Si può discutere a lungo su quello che gli studenti imparano in un corso tradizionale di letteratura accademica e quello che imparano in un ‘corso 2.0’, per citare Ferri. Conoscete il lavoro di Paolo Ferri?

 Siamo studenti noi, non docenti. Ma se le fa piacere, la citeremo nell’intervista. Continui…

Tuttavia non dobbiamo domandarci se si apprendono le stesse cose, piuttosto se quello che si apprendeva nel corso tradizionale andava bene. Oltre alla forte tradizione nozionistica della didattica italiana, di per se già discutibile, ma non è questa la sede per farlo, bisogna considerare se ciò che imparano studenti in un corso più tradizionale soddisfa gli obiettivi dell’insegnamento, ammesso che quanto si ricordi anche un mese dopo l’esame…

 Noi ci ricordiamo molte cose dei nostri esami, persino le cose più inutili.

Appunto. Nei corsi di letteratura vorrei che gli studenti apprezzassero la letteratura, nel mio caso quella olandese, ma se vogliamo ampliare, imparare ad apprezzare la lettura in generale, trasferire la conoscenza del mondo e le proprie esperienze nell’esperienza della lettura. Così vorrei anche che gli studenti capissero il nesso tra l’epoca storica, la vita di un autore e la produzione del testo letterario. Che abbiano una conoscenza della letteratura contemporanea e che ne conoscano il carattere. Che sappiano chi sono gli scrittori più importanti e quali tendenze esistano nella letteratura contemporanea.

 Lei ci sembra esigente come docente.

Sicuramente non ho sviluppato questo tipo di corso per non fare studiare gli studenti, ma per farli lavorare in un altro modo. In un corso di letteratura olandese ci vuole un po’ di sano calvinismo. Il tutto poi inserito in un contesto interculturale, ad esempio soffermandosi su come viene percepito un autore olandese in Italia, su come facciamo a capire il vissuto di una persona in una cultura diversa. Come ha fatto a trasferire tutto questo nel testo? Perché ha successo (o meno) in Italia. E tutto questo sinceramente, mi è difficile raggiungere solo con lo studio di un’antologia e tre libri in lingua originale.

 Non poteva abbassare il tiro, invece di cambiare tipo di corso?

No, volevo cambiare rotta. Il trasferimento delle nozioni troppo spesso non crea altro che conoscenza fattuale, empia, senza esperienza memorabile per lo studente, tranne forse il caldo nel periodo degli esami. La memorizzazione fatta ai fini di un’interrogazione non lascia una traccia nella mente. Per apprendere, gli studenti devono fare ‘un’esperienza’ che comporti emozioni di qualunque tipo, devono vivere direttamente le cose, devono essere coinvolti.

E quali emozioni hanno vissuto? Cosa hanno imparato gli studenti che hanno lavorato sul suo blog?

Non è il mio blog, è il loro blog. Denise, Aglaia e Francesco hanno fatto tutto il lavoro e hanno deciso cosa fare in grande autonomia. E anche qui non bisogna pensare alle nozioni, ma per rispondere per le rime: conoscono a fondo la biografia dell’autore, hanno visto una decina di suoi video in rete, hanno studiato quattro testi, che hanno analizzato, riassunto, discusso e di cui hanno anche paragonato le critiche – italiane e olandesi-, nonché discusso il tutto tra di loro e con me. Hanno studiato testi di antologie per capire meglio la produzione dell’autore.

 Quindi lei non odia le antologie, come ci è sembrato di capire? Già, ci sembrava strano.

No, per niente. Sono fonti utili e necessarie. Ma prima bisogna creare il bisogno di consultarle. Quando lo studente trova il materiale del corso già pronto, non si domanda a cosa serva. Quando ha invece letto un testo che innesca delle domande, va a cercare nelle antologie e monografie per trovare le risposte. Di questo autore, Abdolah, gli studenti hanno capito la forte influenza biografica sui testi, lo stile “confabulante”, poco tipico dei Paesi Bassi. Comunque, come potete immaginare, questo approccio comporta il fatto di lasciare la scelta del materiale da studiare anche agli studenti, talvolta oggettivamente rischioso. E forse alcuni colleghi temono di perdere il controllo, il che è pure vero in parte. Ma solo in parte, perché la figura dell’insegnante resta dietro le quinte. E poi, che soddisfazione per loro!

 Lei pensa ai bisogni degli studenti?

Anche. Il corso è per loro, adeguarsi al loro modo di pensare e imparare non è cedere, significa adattarsi al mondo di oggi. E’ inutile che lo studio li prepari per un mondo gutenberghiano, se è il digitale a prevalere sulle comunicazioni.

 Tutto qui? E quindi il corso soddisfa le esigenze del docente?

Non del tutto, bisogna ammettere che il rischio di tralasciare taluni aspetti esiste, ma le lacune possono essere colmate, e nel frattempo contiamo le cose preziose che abbiamo trovato.

 Ci dica, siamo curiosi, sappiamo cosa non hanno fatto, vogliamo sapere cosa hanno fatto.

La cosa che conta per me è soprattutto il lavoro che hanno svolto per produrre il blog, non solo la produzione dei testi che vedete sul blog. Hanno incontrato l’autore durante una sua visita a Milano, discusso sulle domande da porgli, lo hanno intervistato, sottotitolato il video dell’intervista e l’intervento che ha fatto a Bookcity. Hanno imparato a scrivere per un pubblico di lettori in rete, hanno fatto da intermediari tra due culture, per cui hanno spiegato cose che altrimenti un lettore italiano, che non abbia nozioni di lingua e di cultura olandese, non potrebbe mai capire. Hanno collaborato, come una squadra, imparato a criticare il lavoro degli altri, esporsi e buttarsi in tecniche nuove. Per dare un esempio: all’inizio soltanto uno studente era disposto a fare da ‘autore’ (cioè colui che inserisce i testi sul blog) alla fine tutti gli studenti hanno voluto imparare.

 Forse lei esagera un po’, alcune di questo cose le sappiamo fare anche noi, e siamo ancora al liceo…

Certo, ma ognuno impara cose diverse, il corso li sprona ad imparare quello che non sanno fare. La stessa cosa vale per inserire i sottotitoli sui video in rete. Hanno fatto presentazioni di vari tipi, due biografiche e tre sui testi, hanno cercato in archivi digitali, hanno selezionato testi giornalistici, sono andati alla casa editrice per conoscere e intervistare l’editore e per cercare recensioni.

La letteratura è anche fuori dalla scuola, non solo in rete, non solo nei libri.

 Come è filosofico. Quindi lei prepara gli studenti per il 21esimo secolo?

Lo scienziato americano Marzano ha stabilito degli obiettivi per la scuola di questo secolo. Dice tra l’altro che le abilità cognitive e le abilità connotative meritano uguale attenzione. Come funziona un essere umano e dello stesso importanza di quello che sa.

 Un altro scienziato. Questa intervista è per il giornalino della scuola, se avanti così non lo legge nessuno.

Ma dovrete capire che per la formazione questo è fondamentale. Se sai molto ma non sei in grado di esporre quello che sai, non puoi funzionare. Se sei un genio della matematica, ma sei risucchiato in un vortice di pensieri negativi, non potrai certo ottenere un lavoro di responsabilità. Il film A dangerous mind è esemplificativo in tal senso. O se volete, argomento per me più importante, non diventerai una persona integra. Così è chiaro?

Insomma, sta facendo lezione qui…

Ho spiegato un concetto con una storia che conoscete, tutto qua. L’invenzione della tipografia ci ha dato la possibilità di leggere tutti lo stesso libro o se vogliamo, di pubblicarlo; la nascita dell’internet, ci ha dato la possibilità di fare entrambe le cose con molta più facilità. Il fatto che la didattica tradizionale sia basata sul testo cartaceo non significa che non possiamo adattarla ai tempi in cui viviamo. Non voglio ribadire che i giovani usano meglio i mezzi di comunicazione moderni, voglio semplicemente sottolineare come la didattica basata sugli strumenti web porti numerosi vantaggi.

 Per esempio?

Innanzitutto la comunicazione tra i partecipanti, condividendo un ‘Mural‘ e più avanti creando un gruppo in Whatsapp per la messaggistica. Qui vengono inseriti i lavori da approvare, i testi e i video trovati in rete. Nonché si pongono domande ai compagni di corso, vengono elencati i lavori da svolgere, dividendo i compiti. E il bello è che questi strumenti li hanno suggeriti e messi in piedi gli studenti stessi, per il docente inizialmente non erano contemplati.

 E sembra che lei usi anche molto il computer per i corsi di Lingua.

Sì, dal primo anno gli studenti fanno tutti gli esercizi di lingua, cioè di grammatica, di ascolto, eccetera, sul computer, così hanno subito un riscontro del lavoro svolto.

 Bene, le manderemo il testo dell’intervista via Whatsapp allora.

Preferisco via mail. Ma non volete iscrivervi qui come studenti di olandese?

 No grazie, non ci piacciono tanto le lingue. Soprattutto quelle minori.

Ma quale lingua minore, 22 milioni di persone parlano il nederlandese. Poi ci sono tante di quelle aziende olandesi sul territorio, dall’ING, la Shell, la Philips all’Unilever…

La ringraziamo per l’intervista.

Potevate almeno venire a dare un’occhiata alla mia lezione. Poi mi piacciono gli studenti con la mente critica, come la vostra.

Non tenti di lusingarci. Arrivederci.

Max und Morritz 2014

 P.S: Ovviamente il prof Dingenouts ci ha corretto l’intervista mandata via mail, è pur sempre un professore, e ha inserito i suoi collegamenti. Se non dovessero funzionare, chiedete a lui: m.dingenouts@fastwebnet.it

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