Il rapporto con la lingua

Scrivere e diventare un autore di successo non è facile, figurarsi quando la lingua prescelta non è quella di origine. In questa intervista immaginaria Kader Abdolah racconta il suo impatto con la lingua olandese e il distacco dall’Iran, il suo Paese natio.

    1. Come ha trovato la lingua olandese appena arrivato in Olanda?
    2. Come ha iniziato a scrivere in olandese?
    3. Com’era il suo rapporto con la madrepatria?
    4. Quando è stata l’ultima volta che ha visto i serpenti?
    5. Che cosa rappresenta per lei l’olandese?

1.

I primi anni sognavo sempre di tornare nella casa dei miei genitori. E quando ci tornavo c’era sempre buio. Le tende erano chiuse e la luce non filtrava. Camminavo in punta di piedi verso la finestra e bussavo piano sul vetro. Mia madre apriva le tende e io esclamavo: “Sono io. Sono tornato.”
In quel periodo non prendevo ancora sul serio l’olandese. Ci lavoravo già ma non credevo di avere possibilità con questa lingua. Durante quella fase non se ne parlava proprio di scrivere racconti. Non riuscivo a dare forma alle parole olandesi. Mi scivolavano tra le dita. È stata una fase di grande delusione. Pensavo che la mia fuga fosse stata un fallimento. Un grosso errore. Credevo fosse stato meglio non aver mai lasciato il mio paese. Meglio morire nella madrepatria che essere uno scrittore disoccupato in terra straniera.

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2.

Prendevo il Van Dale e iniziavo a scrivere racconti. Ogni giorno scrivevo qualche frase su un foglio. Ma non avevo ancora il coraggio di abbandonare la mia lingua madre. Quando scrivevo un racconto in olandese lo traducevo subito in persiano e lo spedivo a uno dei quotidiani persiani. L’ho fatto per i primi otto racconti della mia prima raccolta. Dopo di che non ce l’ho più fatta.

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3.

Ad un certo punto è arrivata una colonia di serpenti velenosi dalla mia terra. Erano i serpenti della mia infanzia. Mi avevano rovinato l’infanzia e ora erano tornati. Si erano accorti che ero caduto in una crisi profonda. Strisciavano sotto le coperte e mi aspettavano. Io non mi ero accorto di nulla. Ero nello studio impegnato con la lingua olandese mentre loro mi tenevano caldo il letto. Appena mi addormentavo, mi strisciavano tra le gambe, sulla pancia e sul collo. Mi svegliavo spaventato e non riuscivo più a dormire. In quel periodo avevo anche un dolore, un forte mal di testa. Non sapevo che il dolore era provocato dai serpenti, dalle parole olandesi che avevo in testa e che volevano uscire. I serpenti sono rimasti finché ho pubblicato il primo libro in lingua olandese. Appena ho preso in mano il mio primo libro se ne sono andati. Da quel momento ho avuto un letto fresco e sogni tranquilli.

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4.

Mio padre era morto. Avevo finito di scrivere l’ultimo libro. La casa dei miei genitori era diventata un incubo. Mi ero dimenticato quasi tutti i nomi dei miei vecchi amici. Tutto andava storto, tutto era andato a male. Mi venivano a trovare alcuni connazionali, che volevano raccontare la storia della loro fuga ma io non avevo tempo di starli a sentire. Terribile, ah!, terribile quella lingua olandese. Ero arrabbiato. Volevo spaccare qualcosa. Strozzare qualcosa con le mie mani, sbattere qualcosa contro il muro. A un certo punto si è presentato il serpente, l’ultimo serpente. Allungava la testa per mordermi. Ma io non gliel’ho permesso. Gli ho afferrato la testa e ho schiacciato e schiacciato e schiacciato, e poi l’ho sbattuto contro il muro, contro il muro della sala da pranzo nella casa olandese finché non è morto. Morto.

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5.

L’Olanda. L’olandese. Che cosa significa per me? L’olandese è diventata la mia seconda madre lingua? Sì, ci vivo in questa lingua, ho cambiato tutto. È stato un grande trasferimento.

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(materiale tratto e tradotto dal sito della Digitale Bibliotheek voor de Nederlandse Letteren)

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