Mesopotamia: quando l’ufficio diventa un simposio sull’arte contemporanea
A Milano c’è chi la cultura se la fa da sé, tra le mura del proprio studio. Si chiama Mesopotamia ed è un’idea di due giovani professionisti della comunicazione, Alessandro Nassiri Tabibzadeh, fotografo e videomaker, e Matteo Zarbo, esperto di grafica. Mesopotamia perché si trova nella terra di mezzo: quella tra i due Navigli. E quella tra studio privato e, una volta al mese, laboratorio d’arte aperto al pubblico, dove incontrare artisti edesperti del settore.
A Milano, uno studio di professionisti di giorno, la sera si trasforma in un luogo di confronto sull’arte contemporanea
Una volta al mese, in mezzo ai due Navigli, capita che ci si trovi a parlare di arte contemporanea. Mesopotamia sono spot, momenti di approfondimento, aperti a chiunque, insieme ad artisti, curatori e addetti ai lavori. Gli ideatori sono un fotografo e un grafico: Alessandro Nassiri Tabibzadeh e Matteo Zarbo. Di giorno condividono uno studio in via Gola con altri tre professionisti della comunicazione. La sera prestabilita lo spazio si trasforma per accogliere impressioni, spunti e suggestioni sul magma informe che ribolle nel mondo dell’arte cittadino e non solo.
In vino veritas. Ci sono pubblico e interlocutori, eppure il risultato non è un incontro frontale. Sarà per il bicchiere di vino che ti accoglie all’ingresso o per l’atmosfera familiare dello studio, di fatto chiunque partecipi a Mesopotamia apprezza l’aspettoinformale che ti fa sciogliere la lingua e viaggiare i pensieri. Non sono molte le occasioni che artisti o curatori hanno per parlare dei retroscena del loro lavoro. E altrettanto poche quelle che il pubblico ha di tastare con mano i pensieri di chi, solitamente, non è abituato a esporre la propria faccia. Mesopotamia è uno di questi. Chi non è dell’ambiente potrebbe provare un’iniziale sensazione di estraniamento. Con il passare dei minuti la curiosità aumenta e alla fine è facile lasciarsi trasportare nella conversazione e scoprire che la storia dell’arte non finisce con il Futurismo.
La rete è vincente. I tagli trasversali imposti dal Fiscal Compact stanno investendo tutti i settori della vita delle persone. Uno dei più bistrattati rimane quello della cultura. A quanto pare, però, al venir meno degli investimenti da parte delle istituzioni non è corrisposta un’altrattanta diminuzione dell’impegno da parte di giovani e appassionati che hanno fatto della cultura la base del loro sostentamento. Mesopotamia ne è un esempio lampante. Uno spazio multifunzionale, una rete di conoscenze coltivata nel tempo e ravvivata dall’utilizzo dei social media e la necessità di continuare a parlare e pensare intorno al mondo dell’arte. Sono questi i punti di forza di un progetto che ha costi pari allo zero e un ritorno in termini di stimoli per i più o meno interessati.
La doppia vita di un ricercato studio di comunicazione meneghino che si trasforma in conviviale ritrovo per appassionati e professionisti dell’Arte
E’ un piccolo e curato angolo della Milano di una volta quello che accoglie, fra i due navigli meneghini, i visitatori giunti alla ricerca di Mesopotamia, un semplice ufficio di cinque professionisti della comunicazione che, con cadenza mansile, da poco meno di un anno, per eventi specifici, alla presenza di ospiti d’eccezione, prende la forma di un ritrovo conviviale per quanti siano interessati alle ultime novità dell’arte contemporanea.
Molteplici gli appuntamenti che si sono susseguiti nel corso della breve vita di questo spazio giovane e innovativo, ognuno che propone uno sguardo specifico sul complesso panorama dell’arte dei nostri giorni e su i suoi protagonisti: da Anna de Manincor e Martina Angelotti con le loro video-indagini sulle metropoli contemporanee a Cristina Baldacci e Marcella Vanzo e i loro dialoghi su arte e critica, fino all’ultimo evento realizzato in questi spazi, ovvero la discussione con Roberto Pinto sull’utilità della scrittura, dall’irriverente titolo di “A cosa serve scrivere?”
Ma qual’è il fulcro di quest’originale iniziativa, e quali i suoi obiettivi?
Ce lo spiega con semplicità Alessandro Nassiri Tabibzabeh, co-fondatore assieme a Matteo Zarbo di questo esperimento, quando ci illustra che “è un momento di approfondimento sull’arte contemporanea, ed è prevalentemente uno spazio temporaneo“, mentre il suo collega punta il dito sulla curiosità come motore principale che ha spinto i due creativi a cimentarsi in quest’impresa: “Volevamo avere un luogo dove poter ospitare artisti, dei curatori, degli storici, degli esperti d’arte che parlassero di quello che sta succedendo.