La casa della moschea

huismoskeeLa casa della Moschea
(Iperborea, 2008)

Edizione originale: Het huis van de moskee (De Geus, 2005, 413 pp.)

Riassunto

Questo romanzo di Kader Abdolah, vincitore del prestigioso premio italiano Grinzane Cavour, e votato come il secondo miglior libro mai scritto in lingua olandese, ha un forte richiamo autobiografico. Il fulcro della narrazione è la dimora adiacente alla moschea, impregnata di cultura e antiche leggende. Attraverso il racconto dell’epopea di un’influente famiglia persiana, il cui personaggio principale è Aga Jan, ricco mercante di tappeti a capo del bazar di Senjam e patriarca della casa secolare, si scopre una fede dal volto umano, in forte antitesi con il fondamentalismo musulmano. L’atmosfera fiabesca dal sapore di Le mille e una notte si infrange con lo scoppio della rivoluzione contro il governo corrotto e filo-americano dello scià, che subito dopo sfocia nella rivoluzione e instaurazione della teocrazia degli ayatollah.

Gli sconvolgimenti, che si abbatteranno su una terra in passato viva e pulsante, vengono annunciati profeticamente da un’invasione di formiche nell’incipit del romanzo.

La piccola Senjan è lontana sia dalla modernizzazione filo-occidentale imposta dallo scià sia dall’intransigenza che pervade la roccaforte degli ayatollah di Qom. Proprio da Qom proviene il giovane imam Ghalghal, che chiede la mano di Seddiq e sostituisce il papà della giovane, l’imam Alsaberi, dopo la sua morte improvvisa. Se dapprima sembra che la moschea abbia finalmente trovato una guida forte, lo sgomento prenderà presto il posto dell’entusiasmo. Le  parole del nuovo capo spirituale di Senjan diventano sempre più reazionarie. Egli incita infatti la folla alla violenza nei confronti di Farah Diba, moglie dello scià e immagine dell’emancipazione femminile, quando giunge in città per inaugurare un cinema. La sommossa fallisce, Ghalghal sfugge alla polizia e raggiunge Khomeini, futuro dittatore  dell’Iran, per preparare la rivoluzione dall’esilio.

Ogni evento è filtrato dagli occhi dei personaggi, che l’autore definisce con abilità e minuzia di particolari. Tra i principali, incontriamo Muezzin il cieco che chiama alla preghiera dal minareto; Faqri Sadat, la bella moglie di Aga Jan, che cerca ispirazione per gli splendidi tappeti dalle piume degli uccelli; le due nonne, che sono i pilastri portanti della famiglia; Nosrat, fratello di Aga Jan, che osserva con la sua videocamera il diffondersi dei nuovi costumi edonistici e liberali incoraggiati dallo scià; infine il giovane Shahbal, figlio di Muezzin e pupillo di Aga Jan, voce narrante e personificazione dello stesso Abdolah.  Così, con profonda malinconia, si rievocano le antiche tradizioni ormai contaminate da abusi di potere, in una saga agrodolce, di denuncia contro tutte quelle forme di dispotismo che hanno dilaniato il paese.

Critica

Dai quotidiani e dalle riviste che hanno dedicato degli articoli a La casa della moschea, emergono delle recensioni positive. «C’è passione, e sensualità e desiderio ne La casa della moschea. Gli imam non sono solo quelli arcigni che conosciamo, ma straordinari sex symbol per le ragazze, che li guardano di sottecchi. Fumano oppio per essere più potenti sessualmente, fanno l’amore in luoghi sacri», come ci racconta Valeria Palermi su «L’Espresso», che descrive l’opera di Abdolah come delle «storie che ricordano i versi di Omar Khayyaam, antico poeta e astronomo persiano».

Anna Folli, sulla «Gazzetta di Parma», esordisce nel suo articolo affermando che «esistono romanzi che raccontano un Paese, meglio di cento trattati sociologi. La casa della moschea di Kader Abdolah è uno di questi. […] Utilizza la lingua del Paese che lo accolto con una tale maestria da avere meritato il premio come secondo miglior romanzo mai scritto in olandese». La giornalista elogia inoltre la prosa dell’autore, definendola «vivace, colorata, immaginifica nella prima parte, quando un velo fiabesco avvolge la vita nella casa della moschea. […] Ma man mano che si procede nella lettura, quel sogno da Mille e una Notte è lacerato dalla violenza e dal fondamentalismo. Con un ritmo sempre più serrato, Kader Abdolah racconto la distruzione della propria famiglia e la ferocia di un regime che annienta l’individuo con il falso alibi della religione».

Sul settimanale «Left», Simona Maggiorelli definisce l’opera «un romanzo duro, di forte denuncia della violenza del regime degli ayatollah, ma insieme poetico, scolpito in poche scarne parole che lasciano filtrare immagini di un’antica tradizione poetica persiana. […] Parole essenziali, scavate nella vita. Parole semplici, dal suono pieno. Con quei pochi segni icastici Kader Abdolah scrisse il suo primo piccolo grande libro, Il viaggio delle bottiglie vuote; poi sarebbero sgorgati molti altri capolavori. Sotto una potente cifra poetica, romanzi percorsi da un medesimo tarlo: cercare di scoprire la radice della violenza religiosa».

Infine, l’articolo di Cinzia Fiori sul «Corriere della Sera», ricostruisce l’atmosfera del libro: «All’ombra dei minareti, nel giardino di Aga Jan s’annodavano tappeti, preghiere e matrimoni, mentre l’imam preparava la predica nella biblioteca della grande casa». Prosegue raccontando di quel «velo fiabesco che avvolge il passato nella casa della moschea. È l’incanto dell’infanzia persiana di Kader Abdolah. E lui lo ricrea nel suo romanzo più maturo. Gli sono occorsi vent’anni di esilio per far sedimentare la rabbia e trasformare il dolore in un’efficace macchina narrativa. […] Il velo fiabesco si strappa nella ricostruzione delle prediche degli imam esaltati, dei processi sommari, delle esecuzioni, delle stragi del regime. Abdolah è abile nel raccontare il progressivo sconvolgersi delle relazioni umane e dei valori nell’antica comunità».

Fonti

• Fiori, Cinzia «Il custode della moschea e i fanatici ayatollah: una tragedia persiana», Corriere della Sera, 1 ottobre 2008, p. 40

• Folli, Anna «La casa della moschea: dall’Olanda un iraniano scrive lo sfascio del suo paese», Gazzetta di Parma, 19 luglio 2009, p. 9

• Maggiorelli, Simona «La doppia rivolta dell’Iran», Left, 13 marzo 2009, p. 76-77

• Palermi, Valeria «Chador e tulipani», L’Espresso, 4 settembre 2008, pp. 174-175

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