Scrittura cuneiforme

1Scrittura cuneiforme
(Iperborea, 2003)

Edizione originale: Spijkerschrift (De Geus, 2000, 377 pp.)

Riassunto

Uscito in Italia a tre anni di distanza da Il viaggio delle bottiglie vuote, il secondo romanzo di Abdolah ha un forte carattere autobiografico. Il padre sordomuto e analfabeta, lo zio oppiomane, la resistenza contro i regimi dello Scià e degli ayatollah, la fuga nel polder olandese: sono solo alcuni dei tratti che l’autore condivide con Ismail, protagonista e voce narrante del libro. A collegare le aspre montagne persiane con la fredda pianura olandese è il quaderno che Aga Akbar, padre di Ismail, ha riempito per anni con indecifrabili caratteri cuneiformi, e che un giorno viene misteriosamente recapitato al figlio, ormai adulto. Ismail si impone di tradurre le pagine paterne, e in questo modo il lettore può ripercorrere tutta la sua vita, oltre a quella dei genitori e delle sorelle, e al tempo stesso può ricostruire quella che è stata la atmosfera politica e sociale in Iran dal primo dopoguerra agli anni Novanta.
Il protagonista lavora a fondo sugli appunti del padre; da un lato perché vuole onorarlo, dall’altro perché, secondo le sue stesse parole, è «impossibile vivere in una nuova società se prima non metti ordine nel tuo passato». Sullo sfondo della narrazione sono molteplici i richiami alla letteratura e alla storia persiana; e le poesie, i brani del Corano, le storielle che intervallano il racconto di Ismail richiamano più di una volta i temi del classico orientale per eccellenza, le Mille e una notte.

Critica

Diversi quotidiani hanno dedicato spazio a Scrittura cuneiforme, e nel complesso le recensioni sono piuttosto positive. «Fuggire di nuovo, nascondersi, lottare, scappare per ricominciare lontano. È un libro che racconta tutto questo, ed altro, favoloso, incomprensibile, realistico, passionale» scrive Michele Emmer su “Il diario della settimana”, prima di proporre il legame tra «antico e nuovo» come «una delle chiavi del libro». Fulvio Panzeri, su Avvenire, si concentra invece sul tema politico, sulla critica (e sull’opposizione attiva) del protagonista ai regimi che imperversavano all’epoca, e loda la modalità con cui Abdolah riesce a inserirlo nella storia: «[…] Sono giudizi che i suoi romanzi formulano in uno straordinario tono narrativo, che mette in rilievo il passato prossimo della sua terra, ma che va anche alla memoria lontana di una persia magica, una terra che si è formata prima ancora dell’Islam». E ancora, citando anche il romanzo d’esordio, Il viaggio delle bottiglie vuote: «Sono due romanzi straordinari […] in cui si sente l’amore per la propria terra, non più sentita sotto i piedi, ma tenuta dentro di sé come un tesoro, nonostante le ferite. Sono romanzi che dicono quanto ancora la letteratura possa servire a testimoniare la realtà, per cambiarla, in nome del diritto e della libertà».

Marta Morazzoni, su «Il Corriere della Sera», descrive il romanzo come «splendido» ed «epico», mentre Goffredo Fofi dedica ampia parte del suo articolo su «Il Sole 24 Ore» a un confronto con altri tipi di letteratura “multiculturale”: «Contrariamente a quanto accade con gli scrittori latino-americani, gli anglo-indiani, i nord-africani, troppo spesso spinti dalle sollecitazioni del mercato a una sorta di falsificazione leziosa e retorica della realtà per farne mass-culture, in Kader Abdolah […] l’incontro tra due culture appare decisamente produttivo, e grande è l’apporto che “gli altri possono dare a noi europei modificando le nostre strutture mentali e i nostri modi di scrivere, e cioè di sentire».

Fonti

• Emmer, Michele «Di padre in figlio», Il diario della settimana, 26 marzo 2004, p. 65

• Fofi, Goffredo «Ismail, modernità cuneiforme», Il Sole 24 Ore, 30 novembre 2003, p. 32

• Morazzoni, Marta «Chiamatelo Ismail, canta la memoria», Corriere della Sera, 26 gennaio 2004, p. 23

• Panzeri, Fulvio «Abdolah, l’esilio e la testimonianza di un iraniano», Avvenire, 1 novembre 2003, p. 24

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