La sua vita fra un’opera e l’altra

biografie

Dopo aver lasciato il liceo, Campert cominciò a scrivere testi pubblicitari e a tradurre opere letterarie straniere.

Nella primavera 1950 fondò insieme al compagno di scuola Rudy Kousbroek la rivista Braak – maandelijks cahier voor proza, poesië en critiek (“Scasso – quaderno mensile di prosa, poesia e critica”). “Il titolo ci venne dall’idea del maggese. E anche un po’ di “oeaghhhh”, vomitare su tutto il resto e naturalmente fare la linguaccia a Menno ter Braak [scrittore olandese]”. I primi due numeri vennero scritti a macchina e l’indirizzo della redazione era la casa dei genitori di Rudy. Nel luglio  dello stesso anno, dopo tre numeri, si aggiunsero all’impresa anche i Cinquantisti Lucebert e Bert Schierbeek. Come la rivista Blurb di Simon Vinkenoog, la stessa Braak funse da piattaforma in cui i poeti sperimentalisti poterono diffondere le proprie opere – tra questi vi fu anche lo stesso Campert che pubblicò parte dei suoi scritti sotto lo pseudonimo di Vincent Mureno.

Nel novembre 1950 si trasferì a Parigi per la seconda volta, dove provò a vendere nel quartiere latino agli olandesi interessati la sua breve raccolta “Ten lessons with Timothy” (“Le dieci lezioni con Timothy”), basata sull’album omonimo di Dizzy Gillespie, di cui erano disponibili solo venticinque copie.

Nel 1951 Campert debuttò con l’opera “Vogels vliegen toch” (“Gli uccelli volano comunque”), che avrebbe vinto nel 1958 il Premio Anne Frank; l’anno seguente, dopo la pubblicazione di “Een standbeeld opwinden” (“Eccitare una statua”), vinse il premio Reina Prinsen Geerligsprijs con l’opera “Berchtesgaden”.

Dopo la comparsa dell’antologia Atonaal nel 1951, redatta da Vinkenoog, i poeti della rivista “Braak”, tra cui Gerrit Kouwenaar, Jan Elburg e Hugo Claus, vennero indicati col nome Vijftigers, i Cinquantisti. Nonostante non si considerassero un gruppo e non abbiano mai pubblicato un manifesto o non avessero una visione comune della letteratura, erano accomunati da un’avversione alla tradizione letteraria e dalla consapevolezza che stesse per nascere un nuovo modo di fare poesia. Camper tra loro fu il poeta meno sperimentalista ed venne definito “il Cinquantista più comprensibile”.

Nel 1954 uscì la prima raccolta, “Alle dagen feest” (“Tutti i giorni festa”), composta da diciotto racconti tutti scritti negli anni del suo soggiorno a Parigi; l’anno successivo vinse il premio per la poesia del comune di Amsterdam per “poesie con una morale”. Su commissione del Ministero dell’Istruzioni, delle Arti e delle Scienze, scrisse la raccolta “Het huis waarin ik woonde” (“La casa in cui vissi”), dedicata alla prima moglie Freddy e ai suoi amici Cinquantisti Lucebert e Schierbeek, che lui stesso descrive come “una lunga poesia suddivisa in più parti”. Con “Het huis waarin ik woonde” e “Met man en muis” (“Con uomo e topo”), vinse nel 1956 il premio per la poesia dedicato a suo padre, il Jan Campertprijs.

Nel 1959 venne pubblicata la raccolta “De jongen met het mes” (“Il ragazzo con il coltello”) con cui vinse due premi letterari: il Prozaprijs van de gemeente Amsterdam (1959), premio per la prosa assegnato dal comune di Amsterdam e il Prijs van de Amsterdamse Kunstraad (1960).

Gli anni Cinquanta che lo videro debuttare come poeta, furono anche anni in cui Campert per necessità economiche scrisse brevi scritti in prosa per riviste come Podium, Vrij Nederland, Tirade e Het Parool. Negli anni Sessanta le sue opere divennero sempre più corpose e iniziò a pubblicare anche romanzi. I suoi lavori contenevano numerosi riferimenti autobiografici e avevano tratti spesso cinici e ironici.

Nel 1961 apparve il romanzo “Het leven is vurrukkulluk” (“Festa d’estate”, Elliot Edizioni, 2012) che divenne subito un best seller.

“Het leven is vurrukulluk [la vita è meravigliosa] è una sensazione. Per questo è un libro che ai miei occhi non perderà mai del tutto il suo valore. Una sensazione che ho sempre. Una specie di sensazione della giovinezza, non so precisamente come descriverla”. [tratto da J.Bernlef & K. Schippers, “Wat zij bedoelen”, 1965]

Nel 1962 venne pubblicata la raccolta di poesie “Dit gebeurde overal” (“Questo accadeva ovunque”) che conteneva “Niet te geloven”, poesia che suscitò scalpore a livello nazionale. Anche “Liefdes schijnbewegingen” (“Finte d’amore”) che uscì l’anno successivo ebbe un grande successo. Nel dicembre 1965 fu il momento di “Het gangstermeisje”, romanzo da cui fu tratto l’omonimo film del 1966 girato a Roma. Nel 1968 venne pubblicato “Tjeempie! of Liesje in luiletterland”, una parodia di romanzi pornografici, in cui vennero rielaborate le caricature di diversi autori olandesi, scritta con lo pseudonimo di Remko Kampurt.

Nella Pasqua del 1976 vi fu la prima del film “Alle dagen feest”, film basato su quattro dei suoi racconti, Alle dagen feestEen ellendige nietsnutHoe ik mijn verjaardag vierde e Op reis, ciascuno affidato ad un regista diverso tra Ate de Jong, Otto Jongerius, Paul de Lussanet e Orlow Seunke.

All’inizio degli anni Settanta Campert iniziò a perdere l’entusiasmo che lo aveva accompagnato nei primi anni della sua carriera: “Ho iniziato che ero giovane, ho debuttato a diciott’anni. I miei primi libri li ho scritti con semplicità, senza pormi dei freni, senza mai interrompere il processo creativo. Scrivevo, andava bene e i miei libri vendevano. Ora sono invecchiato, il fuoco della giovinezza si è estinto (…) Negli ultimi anni sono stato molto autocritico, e questo ha frenato il mio scrivere. In realtà non bisogna mai riflettere su ciò che si scrive, solo così si può andare avanti. Ma purtroppo non sempre si è padroni dei propri pensieri. E all’improvviso mi resi conto: perché, come, dove, che senso ha? Dopo un paio di mesi mi era chiaro: no, non voglio più, l’ho fatto da quando avevo diciott’anni, ne ho abbastanza. Voglio qualcos’altro”. [tratto da “Schrijven”]

Il 16 giugno 1979 gli venne consegnato a Rotterdam il P.C. Hooft-prijs, riconoscimento per le sue poesie. Nella relazione della giuria presieduta da Gerrit Kouwenaar, si legge: “Presa in considerazione l’intera opera poetica di Remco Campert, la giuria è rimasta impressionata dalle vicende biografiche degli anni 1950-1970 qui descritte.  Lo stile di vita rischioso e ridicolo di questo periodo viene descritto dal poeta in modo indimenticabile”.

Sarà solo grazie a questo premio che Campert supererà il suo blocco dello scrittore e realizzerà la raccolta di poesie “Theater” (“Teatro”) e quella di racconti “Na de troonrede” (1980, “Dopo il discorso della corona”): “Quel premio sarebbe stato un nuovo stimolo per il mio scrivere. Per anni non sono quasi riuscito a scrivere. Non ne avevo più voglia. Sentivo un distacco fisico nei confronti della penna. Ci pensavo eh, ma ero afflitto da un forte dubbio che quasi mi paralizzava. L’unica cosa che scrivevo erano gli articoli d’opinione nell’HP (HP/de Tijd) e anche quello mi costava una certa fatica. Mancava il fuoco della scrittura, mi domandavo se dovessi riempire con la scrittura anche la seconda metà della mia vita. All’inizio la risposta a quella domanda era ‘no’. Non avevo più voglia di quella seccatura. Ma dopo qualche anno scoprì che scrivere era l’unica cosa di cui ero capace. E che era una delle cose più belle che ci siano al mondo”. [tratto da “Schrijven”]

Un nuovo successo ben accolto dalla critica è stata la raccolta di poesie “Scene in Hotel Morandi”, “un titolo ricco di significato. Scene sono fugaci intensificazioni di vita. Un hotel è un sistemazione provvisoria. Morandi era un pittore di vasi e recipienti, oggetti inanimati. Il titolo è dunque un intreccio di riferimenti e limiti: vita e morte, intensificazione e natura morta, e soprattutto precarietà, relativizzazione. Se vogliamo riassumere in poche parole il tema principale,  allora possiamo considerare le persone come materiale per la vita e la morte”. [Wim Zaal in “Elsevier”]

Dal 1989 al 1995 Campert si dedicò alla lettura delle proprie opere in teatro assieme a Jan Mulder e Bart Chabot. Dal 1996 al 2006 ha condiviso assieme a Mulder un editoriale in prima pagina sul Volkskrant, chiamato CaMu, al quale contribuivano a turno.