MARION BLOEM – INDO

 

 

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“Questa foto è stata scattata nel cortile di mia nonna, in Schaaperderstraat ad Amsterdam. Ci permetteva di aiutarla in cortile e io e mia sorella indossavamo un grembiule. A partire da sinistra Ron Krancher, mia sorella Joyce, il fratello maggiore di Ron, e infine io, a circa sei anni.”

Marion Bloem

 

Figlia di indonesiani, nata e cresciuta in Olanda, Marion Bloem racconta la sua ricerca di identità nel confronto con i bambini autoctoni. L’intento del libro non è unicamente autobiografico; l’autrice vuole creare consapevolezza su un fenomeno che, nonostante sia parte integrante della storia dei Paesi Bassi, percepisce non compreso e non sentito. Marion Bloem non può accettare che il dolore della sua famiglia e di molte altre persone che hanno subito lo stesso distacco sia ignorato, soprattutto dal popolo ospitante che non sempre li ha accolti a braccia aperte. Vuole che si sappia, si comprenda e di conseguenza si rispetti il loro passato. Specialmente in un’epoca moderna, in cui le informazioni sono facilmente disponibili, è inaccettabile per l’autrice che non si conosca il passato coloniale del proprio popolo, i perché della propria storia. Si propone pertanto di rimediare, almeno in parte, offrendo la propria storia personale e famigliare affinché sia paradigma di un gruppo storico e sociale.

Dopo l’indipendenza dell’Indonesia, più di 300.000 persone si sono trasferite nei Paesi Bassi. Sulla base della sua storia familiare, Marion Bloem delinea cos’è un Indo e cosa comporta essere Indo nell’Olanda degli anni 50/60, tra l’affetto incondizionato per il paese d’origine, patria perduta, l’unica in grado di regalare agli adulti il senso di appartenenza di cui sentivano fortemente il bisogno, e le difficoltà di alcuni a lasciarsi toccare dalla cultura d’adozione.

 “Guarda, guarda, un indo!” esultavano i miei genitori e altri membri della famiglia quando pensavano di riconoscere tratti indo-europei in un musicista, un presentatore o un personaggio sportivo. La loro voce era sorpresa come quella di tifosi che incontrano per strada il loro calciatore preferito. Le persone che preferivano nascondere le proprie origini asiatiche o se ne vergognavano percepivano “Indo” come un insulto, ma per le persone orgogliose delle proprie origini ibride, era un soprannome” Marion Bloem, Indo, Uitgeverij De Arbeiderspers, 2020

“L’etnia di una persona era sempre rilevante. Nessuno era mai solamente un signore. Era ambonese, molucchese del sud, mezzo giavanese, un quarto papuano, “menadonese da parte di padre”, o totok Blanda. Tra i Blanda non veniva fatta alcuna differenza, Blanda era Blanda, basta” op.cit. pag. 8

Molti ragazzi, quando vengono a contatto con lei, iniziano a chiedere spiegazioni riguardo alle differenze più o meno evidenti tra loro; quelle fisiche, ma specialmente quelle relative alle abitudini: l’autrice non subisce quindi una vera e propria, crudele discriminazione, ma lo scontro con “il diverso”, considerato in prima battuta strano e quasi sbagliato, poiché non risponde alle consuetudini della cultura d’adozione.

Da bambini, quando le nostre “regole” e la nostra normalità sono quelle che vediamo nei nostri genitori e nelle persone vicine a noi, diamo per scontato che quello che viviamo e conosciamo sia l’unico mondo possibile, e ci sembra in errore chiunque non lo rispecchi, vivendo la quotidianità e le piccole cose in un altro modo.

Eppure, a Marion appare strana invece questa mancanza di comprensione reciproca, le pare logico che non tutti si comportino allo stesso modo. Lei, e i suoi fratelli, sono simbolo di un’intersezione di insiemi, sono a cavallo tra la cultura dei genitori e quella del paese adottivo. In loro convivono le due realtà, quella indo e quella totok blanda, e sentono di non appartenere completamente a nessuna delle due. Soffrono quindi lo scontro tra i due mondi, uno scontro che a loro non è comprensibile.

“La giovinezza di un bambino migrante è una miniera d’oro per uno scrittore. Nel mio libro INDO lascio intravedere questo aspetto, ma ci sarebbe molto di più da raccontare. Io stessa imparo guardando criticamente, ma con compassione, a quelle esperienze di infanzia e al nostro passato comune. Marion Bloem

I figli di una storia complessa devono costantemente trovare un equilibrio tra un mondo interiore formato da una famiglia (indonesiana) e un mondo esterno (olandese), formato principalmente da persone che non capiscono o non conoscono quel mondo interiore, e risultano così parte di uno scontro personale, oltre che culturale.

La protagonista crea dunque per sé un’identità ad hoc, basata sulla non appartenenza, che la accompagnerà per tutta la vita.

 “L’albero genealogico era molto importante per la prima generazione di indonesiani. Parlavano, spesso scherzosamente, della quantità di sangue europeo che scorreva nelle loro vene” op.cit. pag. 8


Luisa Bonvecchio

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