Hella Haasse – I Signori del tè

Una storia all’interno della Storia

Adattamento e traduzione della recensione di Julian Evans: https://www.theguardian.com/books/2010/dec/04/tea-lords-hella-haasse-review

Chiara Corbella

 

heren van de theePubblicato in Olanda nel 1992, I Signori del tè (Heren van de thee) è il ritratto di tre generazioni nell’esperienza coloniale olandese nelle Indie Orientali. Rispetto al classico Max Havelaar, in cui Multatuli denuncia completamente gli abusi commessi dalla sua nazione, l’opera della Haasse è più indulgente. L’obiettivo dell’autrice non è quello di uccidere ancora una volta il mostro del colonialismo, ma scegliere una storia rappresentativa, la storia di una famiglia.

 

I Signori del tè è un romanzo, ma non una “finzione”. I personaggi e gli avvenimenti si basano su lettere e altri documenti che mi sono stati messi a disposizione dalla fondazione “Het Indisch thee- en familie-archief”: discendenti e parenti dei personaggi del mio libro. […] Il tema del libro non è quindi frutto dell’immaginazione, ma il materiale è stato selezionato ed elaborato per tener conto delle esigenze del romanzo. Questo implica che sono stata costretta a tacere alcuni particolari che avrebbero dovuto essere citati per una comprensione storica completa, e ho messo in evidenza il destino e lo sviluppo di certi personaggi.” 

Hella Haasse

 

Un’opera di fantasia mescola come le pare il vero e il falso, il vissuto, il trascritto, l’immaginario, la biografia.”    

Philippe Labro

 

Rudolf Kerkhoven è un giovane di Delft, colto, onorevole e brillante. È vittima del suo stesso modo di fare conservatore, per cui spesso “si comporta in modo più rigido di quanto vorrebbe”. Catturato dalla voglia di avventura, all’inizio degli anni ‘70 del XIX secolo prende una nave per Giava. Arrivato lì, si immerge nella giungla vergine ai piedi delle montagne nella parte occidentale dell’isola per raggiungere suo padre, proprietario di una piantagione di tè. Rudolf è reticente, determinato, avido e aspira sempre alla virtù. Le conseguenze del suo modo di essere lo colpiranno solo dopo parecchi anni, ma in modo devastante.

 

Sono molte le difficoltà da affrontare: il clima, la natura selvaggia, la gestione delle finanze e la spietatezza dei mercati, ma nonostante tutto il protagonista riesce ad avere successo grazie al commercio di tè, caffè e altre merci. In seguito sposa Jenny, la figlia di un avvocato di Batavia. Qui la Haasse gioca la sua carta migliore. Jenny è risoluta e leale, ma c’è squilibrio nella sua famiglia e un segreto su suo padre. Nessuno dei due potrà prevedere il lento naufragio del matrimonio a causa dall’abbandono della soleggiata costa giavanese in cambio dell’umidità di una piantagione nella giungla. Solo nelle ultime due o tre pagine del libro Rudolf capisce che la vita non è solo una questione di crescita economica e che la ragione della sua continua ricerca della virtù da adulto non è altro che il suo modo di combattere le insoddisfazioni che ha con sé sin da quando era ragazzino.

 

In questa graduale rivelazione di come fatti del nostro passato totalmente sconnessi dal presente possano essere ciò che ci plasma (quasi mai nel modo in cui vorremmo), I Signori del tè può sembrare a tratti una storia semplice, anche troppo. La prosa della Haasse è sobria e lei racconta tutto dal punto di vista incompleto (e necessariamente superficiale) dei personaggi. Ma leggere il romanzo in modo superficiale sarebbe un errore. L’autrice ha la capacità di descrivere la soffocante realtà del colonialismo e allo stesso tempo portare in vita i personaggi e dipingere un mondo di foreste, profumi e luce. Inoltre la Haasse sa che una storia ben raccontata è di per sé una metafora. I personaggi di qualsiasi buon romanzo possono rappresentare noi, i lettori. E alla fine di tutta la semplicità di questo romanzo troviamo un capitolo finale che è una vera e propria finestra sulla caducità della vita umana e sulle forme inevitabili che la vita può assumere.

 

È sempre alla fine del romanzo che si capisce quanto la Haasse sia andata in profondità per questa storia, quando nei riconoscimenti scrive che I signori del tè è un romanzo, “ma non di finzione”. La storia, a quanto pare, è basata su una serie di documenti e lettere depositati negli archivi olandesi dai discendenti e dai parenti dei suoi personaggi, dai quali poi è nato il racconto dell’autrice.

 

Se questo dà o toglie valore al romanzo? Posso solo dire che scoprire che i personaggi erano un tempo persone in carne ed ossa mi ha fatto sentire come se avessi letto la biografia più umana che esista, in cui la scrittrice riempie qualsiasi vuoto emotivo. Questo potrebbe far sembrare I signori del tè un mezzo romanzo; ma leggetelo e probabilmente sarete d’accordo sul fatto che ha più la natura di un’improvvisazione. Un’improvvisazione realizzata in modo meraviglioso e che solo un’autrice di fervida immaginazione e incredibile empatia avrebbe potuto scrivere.

 

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