Teorizzare sulla traduzione

Teorizzare sulla traduzione: punti di vista, metodi e pratica riflessiva di Hellmut Riediger, saggio sulle teorie della traduzione

Cosa significa tradurre, dunque? Come si traduce? Cos’è una buona traduzione? Molti diranno che una buona traduzione deve essere fedele all’originale, essere scritta bene e possibilmente non sembrare una traduzione. Detta così, traduttori, docenti e committenti di traduzioni non possono che essere d’accordo. Basta che, però, a nessuno venga in mente di discutere su cosa s’intende per «scritta bene» e soprattutto per «fedele». Perché allora ci si accorgerebbe che si tratta di concetti molto vaghi. Cioè fedele a chi, a cosa? Alle parole, alle frasi, alla lingua, al testo, all’autore, alle idee? E cosa vuol dire scritto bene? Che si capisce, che lo stile è ricercato, che la lingua è espressiva, che la lingua è chiara? E se è vero che persone di lingue diverse, culture diverse e gradi di istruzione diversi segmentano la realtà in modo differente, per tradurre i loro testi può bastare trovare le parole per dire le stesse cose nell’altra lingua? Soprattutto se quelle cose nella lingua e nella cultura di arrivo non esistono.
Le risposte sono sguscianti, inafferrabili. Entriamo nel regno del «dipende» e ci accorgiamo che a seconda dei punti di vista, delle prospettive le risposte possono variare, e di molto anche.
La traduzione è un’attività con una lunga storia, con differenti principi ed esigenze nelle diverse società ed epoche. Pertanto è difficile dire che cosa significhi effettivamente tradurre e quale sia l’essenza della traduzione. Tuttavia queste domande sono di importanza cruciale per i traduttori, per il modo di considerare la loro attività professionale e il loro ruolo nel processo di traduzione.

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